Pinocchio

C’è da stupirsi, leggendo Pinocchio, della straordinaria inventiva di Carlo Lorenzini, che apparenta la sua opera più nota alle storie fantastiche che hanno allietato gli ascoltatori sin dalle età più antiche, da Gilgamesh all’Odissea, dalla Storia vera di Luciano di Samosata a Voltaire, da Swift a Raspe. Questa geniale esibizione di contenuti fantastico-onirici prevale sul contenuto morale ed educativo, che è molto evidente, ma non risulta comunque tale da generare disturbo nel lettore.

L’atteggiamento ironico e satirico avvicina il capolavoro del Collodi alle costruzioni di Luciano, o magari al Candido o al Gulliver. Stupendo, in quest’ottica, dev’essere considerato l’episodio della liberazione del burattino dalla prigione, in un mondo alla rovescia (ma mica tanto), in cui bisogna dichiararsi malandrini per poter essere liberati.

Inutile chiedere che sia rispettato un criterio di verosimiglianza. Per esempio: come può Pinocchio, che sappiamo essere totalmente illetterato, compitare il testo della lapide della povera fata-sorellina? Il mondo in cui agiscono Pinocchio e gli altri personaggi di questo straordinario racconto ha una sua intima coerenza, per cui realtà quotidiana (o addirittura paesana) e mito, pittura realistica e percorso esoterico convivono senza apparenti strappi. Collodi-Lorenzini ha compiuto un’impresa che pochi creatori di storie riescono a portare a conclusione: quella di inventare un mondo alternativo e di farlo credere possibile, inserendolo nel grande libro dell’immaginario universale.

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